La voce del silenzio di Carmelo Cossa


A volte camminava come un sonnambulo sul bordo di una palude di ricordi. Se fosse scivolato, sarebbe stata la fine.

Quella parola rimbombava spesso nella sua testa.
Quando quell’urlo gli percorse la spina dorsale, restò paralizzato dal panico. Aprì gli occhi, vide e gridò a sua volta.
Poi Melo guardò verso il ponte, e inorridì. Due persone – sembravano un uomo e una donna – erano sul bordo del parapetto e lottavano, tese a sopraffarsi l’un l’altra.
Notò che il suo compito, in quel momento era arduo, forse impossibile.
Poi si proiettò in avanti, agitando le braccia, come per impedire ciò che stava accadendo, ma la distanza era troppa. Non poteva percorrerla in un secondo e non poteva fermare il tempo. Forse anche quel dramma, come altri che si susseguivano da qualche tempo nella sua vita, era destinato a consumarsi.
Seguirono altre grida, strazianti e disperate, che invocavano aiuto.
Appena prima che succedesse, lo splendido luogo che lo circondava non gli aveva impedito di ritrovarsi immerso in una struggente malinconia. In quel periodo, quando meno li aspettava, arrivavano i pensieri più cupi, accompagnati da un impalpabile mostro che lo tormentava e gli impediva di vivere sereno. Lo spettro della solitudine era come una triste melodia mai suonata, forse mai scritta, ma ascoltata nel silenzio dei suoi giorni.
Giorni a volte non vissuti.
fu il grido di orrore e disperazione che gli sfuggì dalla gola. Com’era possibile? Non poteva o forse non voleva credere ai suoi occhi.
Poi nella sua folle corsa a braccia tese, comprese ciò che stava accadendo. Dopo aver tanto combattuto, quando le forze la abbandonarono, una persona precipitò dal ponte, e con un tonfo cupo cadde nel sottostante ruscello. Giaceva lì immobile. Melo vide solo di sfuggita un uomo sul ponte che guardava giù con un sogghigno. Lo sdegno gli serrò la gola mentre attraversava il ruscello.
L’acqua non era tanta, ma forse servì ad attutire l’impatto. Melo, barcollando sulle gambe instabili, si sentì pervaso da un fremito. Avvolto da un nauseante senso di vuoto, si precipitò verso quel corpo e, scivolando sopra le pietre ricoperte di muschio, finì disteso in acqua. Si rialzò mentre l’agitazione cresceva, alimentata dall’orribile dubbio che la sua corsa sarebbe stata inutile. Si avvicinò e vide quella persona, una ragazza, bocconi con la faccia in acqua. Sulla testa aveva una profonda ferita e il sangue le scorreva sulla fronte. S’inginocchiò e spostò quel corpo martoriato: col viso in acqua sarebbe soffocata, se fosse stata ancora viva.

La voce del silenzio di Carmelo Cossa, SBC edizioni
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