Via Volano Centro.


Via Volano centro. Stavo passeggiando con il mio cane, Sapo.


Davanti a noi Blasco, un cagnaccio nero, di quelli che peseranno sì e no 4 chili, ma 4 chili pieni di cattiveria allo stato puro, camminava, per strada, ringhiando , solo e ovviamente senza guinzaglio.

Ecco. Lo vedo puntare il mio cane, lo sapevo.

Cerco di spaventarlo mostrandogli la suola della mia scarpa in modo minaccioso, lui si allontana. Un attimo, ed eccolo ancora correre con quei dentini affilati come le unghie di un gatto, verso il mio cane.

Sapo. Probabilmente il cane più buono del mondo, sicuramente il più imbranato.

Continuo a proteggerlo da quel piccolo mostriciattolo nero, che deve aver fiutato la sua bontà, perchè Sapo con la sua stazza se solo volesse renderebbe Blasco un ammasso di ossa sbriciolate e sangue.

Il cuore comincia a pulsarmi più forte. La tensione sale, e il cagnaccio persiste nel suo intento. Una speranza. La padrona di Blasco esce di casa e cerca di fare rientrare il suo cucciolo nel cortile, assicurandomi che il suo dolce cagnolino non farebbe mai niente di male.

Non mi risulta, rispondo io scocciata, incitandola a tenere quella bestiaccia lontano da noi. Lei tranquilla sorride. Mi tranquillizza ancora, peccato avesse già tentato di mordere tutti i cani della via. E lei ancora: non fa niente davvero. In quel secondo, quel suo amore di cagnolino, si avventa sul sedere del mio povero Sapo, mirando ai testicoli, ovviamente, prendendo la sua gamba, fortunatamente.

Aveva conficcato quei suoi denti malefici tanto in profondità da non staccarsi nemmeno col girare frenetico, su se stesso, del mio cane. Quando gli piazzo un bel calcio tra quelle zampacce nere. Corre via finalmente.
Gli ha fatto qualcosa? Mi chiede stupita la padrona. Sanguinava vistosamente ad una zampa. Zoppica. Se vuole lasciarmi il suo nominativo poi ci mettiamo d'accordo. La rabbia cominciava ad impossessarsi di ogni ragione. Continuo a guardare il sangue, lo strascicare della sua gamba e i suoi occhi intimoriti. La voce della padrona di quella bestiaccia cominciava ad allontanarsi dalla mia testa e io e Sapo cominciavamo ad allontanarci da quello schifo, diretti verso casa, in via Volano centro.

Non bastava mettersi d’accordo. I soldi non sarebbero serviti a niente, né a Sapo, né a Blasco, né alla mia rabbia, che cominciava a soffocarmi.

Le tre del mattino. Non riesco a dormire. Vicino a me Sapo. Continuo a fissarlo. Respira beato, perso nel suo riposo, ha già dimenticato. Io No.

Gli poso un bacio su quel nasone buffo, e me ne vado. Prima di uscire porto con me una forchetta e il manico di una scopa. Ed eccolo là Blasco, accovacciato in fondo al cortile. Apro lentamente il cancello. Lui si sveglia. Comincio a correre lungo la strada, lui esce dal cancello e mi segue. Afferro anche con la sinistra il bastone che stringo nella mano destra. Sento che mi ha quasi raggiunto. Mi volto e colpisco con tutta la mia forza. Un guaito strozzato e una macchia nera che sobbalza alcuni metri indietro. Trema ma non sembra in grado di fare altri movimenti. Torno sui mie passi e chiudo il cancello da dove Blasco era appena uscito, in via volano centro.

Poi torno da lui, ancora tremante. Lo punzecchio un po' col bastone. Vedo terrore nei suoi occhi e questo mi soddisfa. Mi piace.

Lo sollevo da terra, si lamenta, ma solo un poco. Troppo poco. Non mi piace.

Lo porto in garage, lo appoggio a terra. Sembra stare meglio. Mi tolgo dalla tasca la forchetta, con quei suoi dentini aguzzi. La premo con tutta la forza nella sua gamba. Troppa forza. La passo da parte a parte.

Dalla sua bocca esce un guaito sordo. Il suo corpicino peloso comincia a contorcersi. I suoi occhi supplicano pietà. Tiro la forchetta nel verso opposto e dalla sua carne cominciano ad uscire fiotti di sangue. Alcune gocce schizzano sulle mie dita. È caldo e denso. Mi piace.

Conficco la forchetta ancora e ancora. I suoi guaiti si fanno più bassi ma continui. La rabbia comincia a liberare il mio corpo dalla morsa in cui l'aveva stretto. Io e Blasco, si poteva dire avessimo già risolto la questione. Ma Sapo? Lui non aveva ottenuto niente da questo gesto. Guardo Blasco, una macchia nera tremante, i suoi guaiti sempre più mortificati e la sua carne tremula bagnata dal suo sangue caldo, che continuava a scendere in una pozza che lo stava circondando. Spengo la luce. Chiudo la porta e me ne torno a dormire.

Avevo dormito poche ore. La sveglia aveva suonato presto. Volevo preparare una sorpresa al mio Sapo. Tutto scodinzolate, già mi girava in torno.

Ore dopo una voce, grida, per via Volano centro.

Blasco, Blasco! Il campanello del vicino suonò, mi affaccio alla finestra. La signora stava suonando anche il campanello della casa di fronte. Poi tocca al mio. Sapo corre a vedere chi è, io mi affaccio alla porta. Blasco è scappato, lo avete visto? Sapo abbaia. No, non abbiamo visto nessun cane. Vieni Sapo, vieni a finire di mangiare. Tutto felice Sapo corre in casa, e con che gioia e con che gusto addenta quei soffici bocconi di carne.

Gli Piace.

Racconto splatter di Eva Gianella edito da Splattercontainer
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