La Chiesa sulla Collina di Eva Gianella


La chiesa sulla collina, era quella che io definivo il mio rifugio dal mondo.

Un mondo che non mi piaceva, cosciente del fatto dell’incredibile bellezza, della pace, dei profumi e delle sensazioni senza fine che il mondo in realtà era, e che per qualche strana ragione, non ci era permesso vivere. Sembrava che il mondo potesse essere bello solo in determinati periodi dell’anno, per il resto doveva essere una semplice gabbia di divieti, routine, obblighi, stress, monotonie e depressioni.
Per questo la chiesa sulla collina era il mio rifugio, mi sentivo soffocare, strattonata da braccia che mi spingevano verso ciò che era bello e desiderabile, ciò che era corretto e responsabile, e io mi ostinavo a non credere che la vita fosse tutta lì. Perché non vivere quello che ci è stato donato, perché perdere il
tempo in qualcosa che ci sovrasta ma che in realtà non è nostro, perché ostinarci semplicemente a sopravvivere, quando l’aria o il sole, la pioggia ci gridano di esistere. In nome di chi o di cosa siamo diventati sordi e ciechi?
La chiesa sulla collina era una chiesa abbandonata, Dio solo sapeva da quanto tempo, eppure le sue pareti bianche in tutti quegli anni di abbandono erano rimaste immacolate. Appena potevo camminavo fin sulla cima per sedermi in uno degli scalini dell’entrata, respiravo, vedevo e ascoltavo.
Uno dei primi pomeriggi di questa primavera, il sole che stava scaldando ogni centimetro di ciò che toccava, mi regalava sensazioni di felicità, il mio udito fu attratto dalla porta chiusa, da una chiave dimenticata dal tempo. Proprio dietro di me, rumoreggiava come scossa da un vento che non c’era.
Ritornai al mio sole, alla vista di un orizzonte che mi invitava a scoprirlo, e che nonostante tutto vedevo sempre troppo lontano. Lo stesso rumore, distrasse ancora i miei pensieri. Mi alzai in cerca di quel famoso vento che non percepivo, ma di lui non c’era traccia, mentre passeggiavo tra gli alberi della cima, allontanandomi dalla scalinata, sentii uno scampanellio. Seguii il rumore che mi condusse un’altra volta alla scalinata e questa volta mi avvicinai alla porta. Era chiusa, come sempre. Lo scampanellio continuava al suo interno. Mi sedetti sugli scalini, il mio stato di attesa mi confondeva, non lo capivo.
Lo scampanellio terminò, io mi avvicinai un’altra volta alla porta, la accarezzai e lei si aprì. Entrai in ciò che per anni solo avevo immaginato, ma era tutto così freddo, così stranamente oscuro. Mi sedetti su una panca di legno smangiucchiata dai topi e dal tempo, e me ne rimasi lì per no so quanto tempo, poi me ne andai, chiusi la porta e non tornai mai più alla chiesa sulla collina.

Semplicemente decisi di vivere.

" La Chiesa sulla Collina" racconto di Eva Gianella

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